sabato 15 giugno 2013

Conclusione del Blog

Il periodo delle lezioni è finito e per concludere il lavoro svolto sul blog in modo organico potrebbe essere utile questo post che vuole indicare i vari argomenti trattati anche per poterli visualizzare con maggiore facilità.
Il blog è stato iniziato con il post di presentazione che indica in qualche modo la direzione che ho voluto prendere nell’approfondire la ricerca.
Il libro scelto come filo conduttore del blog è stato “La caduta dei giganti” di Ken Follett del quale ho riportato le mie impressioni sulla lettura.
L’argomento di approfondimento scelto è stato Tecnologia, Energia e Guerra. È un campo di ricerca piuttosto ristretto che però offre comunque spunti interessanti.
Se inizialmente l’intento era quello di trattare l’argomento in tutte le epoche storiche in realtà il blog si è focalizzato principalmente, se non per qualche excursus in altre epoche, sulla storia del novecento ed in particolare sugli anni del primo conflitto mondiale, anni di ambientazione storica del romanzo.
È stata presentata una ricerca sull’etimologia della parola energia e poi un abecedario: mezzi utili per fare chiarezza sul tema.
Per quello che riguarda l’energia in senso stretto sono stati sviluppati vari approfondimenti. Due in particolare sul carbone e sulle relazioni fra carbone e guerra, un altro che, parlando della flotta inglese, la Royal Navy, si avvicina al mondo del petrolio, ed un ultimo che parlando della Transiberiana si avvicina al tema della locomozione a vapore.

Oggetto di attenzione sono state, parlando di mondo industriale, le officine Putilov di San Pietroburgo che sono state il massimo centro di produzione degli ultimi anni del regime zarista durante il primo conflitto mondiale.
Oggetti di attenzione sono stati: La grande Berta, un mastodontico pezzo d’artiglieria dell’esercito tedesco che ha tenuto il primato in fatto di potenza di fuoco per molti anni, e, con un collegamento forse un po’ particolare, le macchine da cucire che, ancora azionate manualmente, hanno svolto l’arduo compito di preparare tutte le uniformi dei soldati coinvolti nella guerra.

Cercando in qualche modo dei simboli che rappresentassero l’argomento di approfondimento ho osservato il quadro “Ingranaggi di guerra” del futurista Fortunato Depero; il francobollo italiano dedicato a Francesco Baracca, grande asso italiano della prima guerra mondiale; l’opera “Au RevoirBut Not Goodbye (Soldier Boy)” del 1917 che rappresenta un po’ l’aspetto di divisone sociale che la guerra ha rappresentato; il film “Il cielo d’ottobre” che rappresenta gli anni della guerra fredda in cui le massime energie dei grandi potenti del mondo (USA e “blocco comunista”) si sono contrapposte nella lotta alla ricerca tecnologica.

Il post “Dopo la disfatta il bollettino della vittoria” ha in un certo senso l’intento di celebrare la vittoria italiana, dopo la disfatta di Caporetto, resa possibile anche grazie all’energia dei Cavalieri di Vittorio Veneto, neanche maggiorenni, della classe 1899.

martedì 11 giugno 2013

Uniformi e macchine da cucire

“Stavano cucendo uniformi dell’esercito inglese,
Pubblicità "Singer" risalente agli anni dell'operazione libica,
ne mostra l'utilizzo al campo militare
a migliaia, giubbe e calzoni. Giorno dopo giorno, i tagli di stoffa color cachi arrivavano da una fabbrica nella strada accanto, grossi scatoloni di cartone pieni di maniche, dorsi e gambe; loro li cucivano e li mandavano in un’altra piccola fabbrica, dove facevano le asole e attaccavano i bottoni. Eranopagate a seconda di quanti pezzi riuscivano a finire.
[…]
Mannie aveva
imparato il mestiere da suo padre, poi aveva messosu un’impresa più ambiziosa.
La guerra era una manna per i suoi affari. Da
agosto a Natale si erano arruolati come volontari un milione di uomini, e ognuno aveva 
bisogno di un’uniforme. Mannie stava reclutando
tutte le cucitrici che riusciva a trovare.”
(da “La caduta dei Giganti – pag 399”)
Il prototipo di Thimonnier


Anche se stabilirne la paternità è complicato le macchine da cucire risalgono alla seconda metà del diciottesimo secolo ma, la prima veramente funzionate, fu quella creata nel 1830 dal sarto francese Barthelemy Thimonnier.

Qual’ è il legame fra la macchina da cucire e il mondo della guerra?
Una delle prime macchine
da cucire "Singer"
In realtà è una relazione molto stretta infatti Thimonnier con la sua invenzione ebbe successo grazie ad un contratto con l’esercito francese per una produzione che poteva contare su 80 macchine per preparare le uniforme militari. La sua macchina poi andò distrutta e dopo molti giochi di brevetti e privilegi,
specialmente negli USA, si arriva al 1854 quando Elias Howe e Isaac Singer, uscenti da una lotta legale, fondarono un’ industria di macchine da cucire il cui marchio divenne famoso in tutto il mondo.
Le macchine da cucire dell’800 naturalmente erano tutte ad azionamento manuale ed erano “concepite per essere installate sulle stesse casse da imballaggio in cui venivano trasportate;  una rudimentale barra d'accoppiamento collegava il pedale alla ruota ingranata al bilico.”(1)
Le macchine a cucire di un tempo erano spesso decorate; occorre notare anche però che la produzione non
si focalizzava soltanto negli usa. Parallelamente infatti nasce il noto marchio PFAFF in Germania nel 1862 che vantava una velocità di cucitura di 200 punti al minuto mentre in Italia arrivano la Necchi nel 1919 (pubblicizzata “Vigor”) e la Borletti (che adottava lo slogan “punti perfetti”).

Il romanzo, La caduta dei giganti, ci porta con Ethel, giovane gallese, in una sartoria militare degli ultimi momenti antecedenti lo scoppio della guerra dove si stanno cucendo le uniformi dei soldati inglesi.
Il soldato britannico che entrava in guerra indossava un modello di uniforme militare costituito da una tunica di lana spessa di colore verde kaki (simile all’attuale verde militare). Era dotato di varie tasche per gli oggetti del soldato e le asole per il trasporto delle armi in dotazione. I vari scudetti rappresentativi del rango del soldato venivano cuciti o sulla spalla, nel caso in cui si trattasse di un ruolo di rilievo in un particolare reggimento, oppure sulla metà inferiore della manica per i gradi di ufficiale.
Inoltre il soldato aveva in dotazione anche una gavetta, una bisaccia dove conteneva effetti personali e una cintura di cuoio in cui portare le munizioni. Sulla cintura di cuoio si vedeva impresso il marchio “M. E. Co” ossia il nome dell’azienda Mills Equipment Company.

La Mills lavora già dal 1906 per l’esercito britannico quando riceve un ordine di prova di 1300 uniformi. Quest’ultimo, soddisfatto del risultato ottenuto, commissiona alla Mills Company la produzione delle divise che comincia nel 1908 su questo nuovo modello, indossato in tutta la prima metà della guerra, chiamato “Web Equipment, Pattern 1908”.


Fonti:

lunedì 10 giugno 2013

Impressioni sulla lettura..

Ormai la lettura del romanzo che è stato seguito come fonte di idee per approfondimenti del blog è finita da un po' ma ho pensato sarebbe stato utile riportare una breve impressione sul libro che ho stato letto.



"La caduta dei giganti" è un libro di Ken Follett pubblicato in Italia da Mondadori nel 2010.
Il romanzo trova ambientazione nel periodo che va dal 1911 all'inizio del 1924, ossia sullo sfondo della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Russa.
La storia è di fantasia ma sicuramente non mancano la presenza e il riferimento a personaggi e fatti realmente esistiti: a partire dal presidente americano Wilson ma anche Winston Churchill, re Giorgio V, Lenin e altri.
La trama, che si articola in un libro di quasi 1000 pagine, è molto articolata ma la scrittura, sempre avvincente, fluente e particolareggiata, rende facile la lettura del romanzo che si lascia divorare facilmente.

Le famiglie le quali il roamanzo tratta le vicende sono cinque:
- la famiglia del conte Fitzherbert, inglese;
- la famiglia Williams, gallese;
- la famiglia Peskov, russa di San Pietroburgo;
- la famiglia Dewar, americana;
- la famiglia Vyalov, americana di origine russa.
Queste cinque realtà nel testo sono strettamente messe in relazione fra loro ma mai con eventi forzati e irrealistici.

Gli spunti per il collegamento alla tecnologia nel testo sono moltissimi ed è per questo che ho deciso di prendere un campo di ispezione così ristretto.
La famiglia Williams fin dall'inizio del libro ci avvicina al mondo delle miniere di carbone ma poi la storia di Ethel Williams ci porta a conoscere le realtà delle lotte sociali e della sartoria così come il fratello Billy, ma anche il conte "Fitz" e Grigorij Peskov, ci portano a conoscere le realtà delle battaglie sul fronte e delle armi del primo conflitto mondiale. Si parla spesso anche di navi (trattando il problema degli attacchi tedeschi degli U-Boot, di cui in parte avevamo già trattato qui) e di treni (sia in Inghilterra che come mezzo di locomozione della Rivoluzione Russa).

In generale un libro, il primo di una trilogia, piacevole ma che offre una visione storica d'insieme molto realistica e dettagliata.

"Drammi, passioni, intrighi.
brulica di vita e di idee,
senza che il lettore perda mai il filo 
o avverta un briciolo di noia."

                                                                               Il messaggero

mercoledì 5 giugno 2013

Il petrolio e la Royal Navy



«La Royal Navy sta convertendo le navi dal
carbone al petrolio.»
Walter annuì. La maggior parte delle nazioni
progredite faceva lo stesso. Il petrolio era meno
costoso, più pulito e più facile da gestire; bastava
pomparlo nei serbatoi, anziché ricorrere a eserciti
di fuochisti neri di fuliggine.
(da "La caduta dei Giganti" - pag 152)



La Royal Navy:
è la marina militare delle forze armate britanniche che dal 1692 fino alla Seconda Guerra Mondiale è stata detentrice della più potente flotta al mondo e ancora oggi è la seconda in termini di tonnellaggio e una fra le più tecnologicamente avanzate.

Perché ebbe un ruolo fondamentale nello svolgimento del primo conflitto mondiale?
Durante la guerra, dal 1914 fino alla decisione di intervento degli Stati Uniti a favore degli alleati nel 1917, i combattimenti fra la marina militare inglese e quella tedesca furono brutali. Infatti la Germania, con i suoi sottomarini U-boot, attaccava indiscriminatamente navi militari, ma anche commerciali, inglesi e americane. Fu anche questo fatto che fece crescere nella popolazione USA, allora governata dal presidente Woodrow Wilson e inizialmente restia all’ingresso in guerra, la volontà di intervenire nel conflitto.

Si evince dalla storia come la scelta della Royal Navy di dotare la propria flotta di moderni motori a nafta fu vincente.
I tedeschi invece utilizarono per le navi ancora il carbone muovendosi quindi con maggiore lentezza e autonomia in quanto, come abbiamo già visto, potevano contare soltanto su rifornimenti in patria.
Questo ammodernamento diede alle navi inglesi grandi vantaggi in termini di velocità di spostamento, efficienza e affidabilità.
Infatti se fino ai primi anni del 900 l’adozione sulle navi di motori esotermici (a vapore) era legata al fatto che questi tipi di motori erano gli unici capaci di fornire le potenze necessarie, dotati di una ipotetica capacità di utilizzare qualsiasi tipo di combustibile e dotati di grande affidabilità, si è arrivati poi a sviluppare moderni motori endotermici che, con il progredire delle tecnologie, offrivano le stesse potenze dei vecchi motori a vapore prima in volumi comparabili ai precedenti e successivamente inferiori e con minor peso.
Un altro elemento di svolta della Prima Guerra Mondiale si vide con gli Stati Uniti che adottarono per la prima volta il carrarmato a benzina.
Per questi motivi spesso si identifica la Prima Guerra Mondiale anche come la “vittoria del petrolio sul carbone”.

La grande forza della Royal Navy e la certezza del flusso di approvigionamenti petroliferi era derivante dalla presenza militare inglese in medio oriente, il Regno Unito infatti poteva contare sui pozzi petroliferi del provveditorato britannico del Kuwait.
Questi territori erano controllati non solo dall’Inghilterra ma anche dalla Russia ed infatti non fu certo un caso che i due paesi si allearono per controllare militarmente questi paesi, strategici come riserva di carburante, in quanto una guerra reciproca in questi territori avrebbe sicuramente minato di conseguenza anche tutti gli altri fronti di guerra europei.
I tedeschi all’inizio della guerra capirono immediatamente l’importanza di queste risorse per i due paesi e cercarono di interrompere le linee di rifornimento.
Gli imponenti impianti russi di Baku (oggi capitale dell’Azerbaigian), già in crisi produttiva, furono il primo obiettivo da distruggere per le armate tedesche: questo fu possibile grazie anche al blocco navale sullo stretto di Dardanelli.
Le truppe turche invece, alleate della Germania, cercarono di attaccare in vari momenti gli impianti petroliferi delle truppe inglesi ma senza ottenere mai alcun successo.


Fonti:
<http://www.saturatore.it/Macchine%20Marine/Macchine%20Marine%20AN.pdf> (consultato 05/06/2013)
<http://it.wikipedia.org/wiki/Royal_Navy> (consultato 05/06/2013)
<http://www.liceoberchet.it/ricerche/geo4d_03/Medio_Oriente/breve%20storia_2lev.htm> (consultato 05/06/2013)

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lunedì 3 giugno 2013

Locomozione a vapore sulla Transiberiana

Billy si sarebbe ricordato per sempre ogni
minimo dettaglio dei seimila chilometri da
Vladivostok lungo la Transiberiana.
C’erano voluti ventitré giorni, malgrado un sergente 
armato si fosse appostato nella locomotiva per 
assicurarsi che il macchinista e il fochista 
mantenessero la velocità massima. [...]
Avevano vissuto di pane nero e carne di manzo in
scatola. Tuttavia per Billy ogni giorno era stato una
rivelazione. [...]
Per tutta la vita avrebbe conservato gelosamente
il ricordo di un’interminabile carovana di cammelli
lungo la linea ferroviaria; le bestie cariche
arrancavano pazientemente nella neve, ignorando il
ventesimo secolo che sfrecciava accanto a loro in

uno sferragliare di acciaio e uno stridio di vapore.
(da "La caduta dei giganti" - pagg 856,857) 

Questo come altri passi de “La caduta dei giganti” ci portano a focalizzare l’attenzione sui trasporti ferroviari al servizio delle truppe militari.
Al contrario di come si potrebbe pensare il grande sviluppo dei mezzi di locomozione e la loro meccanizzazione, su tutti le locomotive a vapore, è stato proprio l’artefice delle modalità di guerra di logoramento proprie del Primo Conflitto Mondiale. La presenza di mezzi di trasporto così veloci consentiva infatti una organizzazione logistica eccellente e, se da un lato a causa degli sviluppi delle moderne armi da fuoco la conquista di terreno in battaglia era cosa molto complessa, dall’altro la grande velocità di afflusso di riserve di supporto consentiva un pressoché immediato arresto delle avanzate nemica stabilizzandosi su nuovi fronti.

Generalmente le tradotte erano adibite al trasporto sia di cavalli che di truppe ma anche di materiale militare. Si svilupparono molto durante la seconda guerra mondiale con l’introduzione di alcuni vagoni adibiti a carri cucina come si può vedere dalle immagini di questo giornale dell'istituto luce del 1943.

Nel passo citato del testo, Billy, giovane militare del Galles, viene inviato in una poco ufficiale quanto pericolosa missione nel cuore della rivoluzione russa sotto il comando del colonnello Fitzherbert.
Sta viaggiando sulla transiberiana, la più importante linea ferroviaria russa che la attraversava in tutta la sua larghezza e che durante la prima guerra mondiale ebbe un importanza strategica per i rifornimenti ai fronti di guerra ma anche poi, assieme ad altre linee minori, per la rivoluzione d’ottobre.
La transiberiana fu anche importante fonte di attività economiche: vide infatti un fiorire di industrie metallurgiche e minerarie ma anche una moderna attività di costruzione di moderni ponti in acciaio per ferrovie.
Interessante notare che in Russia, per evitare agevolazioni nei confronti di eventuali invasori, si adottò il cosiddetto “scartamento largo” dei binari che misurava 1520 mm in confronto allo scartamento standard di 1435 mm delle altre ferrovie europee (utilizzato da George Stephenson nella sua locomotiva).



Interessante articolo sull'origine dello scartamento ferroviario.








Fonti:

giovedì 16 maggio 2013

Dopo la disfatta il Bollettino della Vittoria




E' il 25 ottobre 1917. Sulla linea dell'Isonzo gli austriaci e i tedeschi attaccarono nella valle dopo aver annientato la prima linea italiana con i gas asfissianti. Fu la “disfatta di Caporetto”, ufficialmente 12^ battaglia dell’Isonzo, il momento più tragico per la lotta italiana sul fronte durante la prima guerra mondiale.Le difese italiane vennero completamente distrutte, cacciate in una disordinata ritirata, e le truppe austriache, accompagnate da quelle tedesche che avevano ormai lasciato il fronte russo dilagavano in Friuli facendo arretrare la nuova linea italiana fino al Piave.I dati ufficiali riportano: 11 mila morti, 30 mila feriti, 293 mila prigionieri in un luogo dove era comune vedere colonne di autocarri in ritirata, salme insepolte, civili in fuga.


Il comandante Luigi Cadorna, militare di vecchia impostazione e non più adatto alle "nuove guerre" venne sostituito al comando da Armando Diaz.
Vennero chiamati alle armi anche i giovani della classe 1899 e si apportarono migliorie nelle modalità di rapporto fra truppe e ufficiali. Probabilmente proprio per carenze in questo ambito venne persa la battaglia a Caporetto: l'artiglieria, sotto il comando del maresciallo Badoglio, non ricevette l'ordine di fare fuoco e le prime linee restarono scoperte sotto il fuoco nemico ed anche gravissimi furono gli errori commessi nell'arruolamento e nell'addestramento della nuove leve.
Così al 1918 la linea italiana su Piave riesce a resistere bloccando l'avanzata austriaca e sferrando un attacco decisivo il 28 ottobre 1918 che costrinse l'Austria-Ungheria a firmare l'armistizio con l'Italia il 3 novembre. Da qui divenne noto l'eroismo di quei soldati che vengono ricordati come "i cavalieri di Vittorio Veneto".
La proclamazione della vittoria arrivò il 4 novembre 1918 con il famoso Bollettino della Vittoria pronunciato dal generale Diaz.




Marcia Reale Italiana



Il bollettino della vittoria è qui accompagnato dalla Marcia Reale Italiana, composta nel 1831 da Giuseppe Gabetti, che fu l'inno nazionale fino all'avvento della repubblica anche se sempre accompagnata da Giovinezza durante il periodo fascista.







Fonti:
Marco Febo, Il Novecento, Verona : uso manoscritto, 2011
<http://it.wikipedia.org/wiki/Marcia_Reale> (16/05/2013)

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